Abbiamo scelto un argomento piuttosto sconosciuto e ostico, che però è importante spiegare: i biscotti digitali, cosiddetti cookies.
Ogni volta che navighiamo in internet lasciamo delle tracce, piccole briciole legate al nostro modo di visitare il web.
Come la nonna, osservando le briciole in giro, scopriva che avevamo mangiato di nascosto i biscotti, così i programmi evoluti del web usano i cookie per tracciare il menù esatto di quello che noi “mangiamo” navigando online.
Ma come fanno? I siti che visitiamo, il tempo che impieghiamo su una pagina, i post a cui mettiamo “mi piace”, gli articoli che compriamo online, i viaggi da sogno che guardiamo, sono tutti dati legati a piccoli file di testo, piccole briciole infinitesime di informazioni, che sono appunto i cookie. Grazie ad essi, gli algoritmi adattano la nostra esperienza di navigazione costruendola su misura per noi.
Da una parte potrebbero sembrare un bene, in quanto la nostra navigazione online migliora: si ricordano i campi digitati precedentemente in un form, il libro che volevamo comprare due giorni fa riappare magicamente nel carrello online, fanno spuntare un banner luminoso del viaggio scontato in Andalusia, una volta che abbiamo ricercato informazioni riguardanti Siviglia, etc…
Dall’altra, chi possiede la libertà di usare queste informazioni, può permettersi di conoscere e tracciare dei veri e propri identikit personali a discapito della nostra privacy.
E’ dunque giusto che conoscano il nostro menù preferito? Secondo la EU, dal 2011 si deve avvisare i navigatori dell’esistenza di questo sistema e inserire l’avviso dell’utilizzo dei cookie (specificandone il tipo visto che ne esistono diversi) da parte del sito; ma anche se ne siamo consapevoli, ciò non ci protegge dall’essere etichettati e dai bombardamenti pubblicitari di ritorno.
In ultimo, ma non da meno, questo sistema è colpevole di una cosa, a nostro parere, ancora più pericolosa: una bolla digitale. Una bolla in cui finiamo nel momento in cui, attraverso i cookie, veniamo inseriti in quella determinata categoria ed etichetta. L’utilizzo di questo sistema elaborato, fa sì che le notizie, le pubblicità, le informazioni che noi vediamo online, siano state filtrate a seconda delle nostre abitudini e preferenze.
Come se la nonna, una volta scoperte le briciole sul pavimento, assumesse che quelle derivino dai nostri piatti preferiti e quindi ci proponesse una dieta basata solo sui biscotti. A questo punto ci chiediamo: quanto è libera l’informazione, dal momento che viene scelta per compiacere l’utente?
Comments(1)
-
Pingback: Web: bolle di sapone e latte di bufale - LumenBit
Leave a Comment