Comprendere il cloud computing
Prima di entrare nel merito delle azioni che possiamo svolgere grazie al web, vogliamo portarvi a riflettere sul concetto di “cloud computing”: la famosa “nuvoletta” digitale dove va a finire gran parte del nostro sapere e gran parte della nostra vita. Una persona che abitualmente utilizza internet, usa di sicuro un servizio in cloud quotidianamente. Quando navighi su Google e digiti una chiave di ricerca. Quando invii una mail. Quando compri qualcosa su Amazon. Cosa succede in quel momento? Il tuo computer non fa altro che inviare la richiesta alla rete di migliaia di gruppi di computer in giro per il mondo, che elaborano le informazioni e ti restituiscono il risultato. Il “lavoro sporco” lo fa una macchina residente in California, a Dublino, a Tokyo o in una delle tante altre parti del mondo senza che tu te ne accorgi!
La fisica ci insegna che qualsiasi cosa esistente deve occupare un volume, uno spazio.
Vale anche per i dati e le informazioni che sono presenti su internet. Tutto quello che leggiamo sui quotidiani online, i nostri profili sui social network o le mail che inviamo, vanno ad occupare fisicamente uno spazio. Tale spazio non si trova sul nostro computer, ma va ad occupare spazio fisico e reale allocato su pachidermici centri di archiviazione di dati, i datacenter, dislocati in giro per il mondo. Sono enormi “magazzini digitali” che contengono informazioni. I grandi colossi dell’era digitale, come Facebook e Google, posseggono chilometri quadrati di questi magazzini, pieni di server in grado di contenere e far girare le informazioni che troviamo in internet.
Come dicevamo, quando ci arriva una mail su Gmail, essa non viene archiviata nel nostro pc, ma su un altro pc di un “magazzino digitale”, ad esempio in Oklahoma, che è proprietà di Google.
Di conseguenza la nuvola non è altro che un insieme di tecnologie, un gruppo distribuito di computer potenti e interconnessi, che consentono l’accesso alle risorse da ogni parte del mondo attraverso la rete: gestiscono servizi, eseguono applicazioni ed archiviano dati. Noi non possediamo fisicamente il bene, ma si usufruisce e si attinge ad esso, attraverso la rete richiamando i beni archiviati in server dislocati in chissà quale parte del mondo.
Secondo noi diventa necessario conoscere questa realtà per comprendere anche il problema della sua sostenibilità. Immaginate in futuro quando più gente avrà la possibilità di connettersi ad internet, quando le informazioni saranno sempre maggiori e disporremmo di tutto il necessario grazie all’uso del web; dove verranno allocati questi beni? In quali “magazzini digitali”? Quanti km quadrati di magazzini dovremmo costruire? Senza contare l’enorme spesa di energia che questi datacenter utilizzano: non a caso Facebook ne ha costruiti vicino all’Artico (necessario è infatti il raffreddamento di tali infrastrutture), e facendo uso, secondo le fonti dell’azienda, di energie rinnovabili come quella eolica.
Quando con un semplice click ci connettiamo al web, da smartphone o da pc, ricordiamoci sempre il viaggio che i nostri dati fanno e come e dove essi vengono immagazzinati.
Nasce spontanea una domanda, chi vincerà questa corsa, la miniaturizzazione delle risorse informatiche sempre più piccole e capienti o le informazioni che richiederanno server sempre più grandi e spazi da occupare?
La nostra speranza è quella che la tecnologia aiuti ad occupare sempre meno spazio e che, invece la necessità di informazione sia sempre maggiore! Noi ci crediamo!
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